Rime di Bardo Segni

Edizione critica a cura di Raffaella Castagnola

Se il modello petrarchesco è ben riconoscibile nella struttura o architettura del canzoniere del Segni, esso non è altrettanto determinante per le scelte tematiche e metriche operate dal nostro poeta.
Petrarca, dunque, ma accanto a Dante e Sannazaro. L'«Arcadia» in particolar modo lascia evidente il suo segno, tanto che il lessico e le immagini spesso stereotipe delle egloghe, dei due sonetti pastorali e delle sestine del Segni sono fortemente tributari della tradizione pastorale in generale e arcadica in particolare. Ma nel canzoniere del Segni i richiami più evidenti sono a Dante, «Commedia», «Vita Nuova», «Rime», e fra quelle spiccano le petrose. È soprattutto dalla sestina «Al poco giorno» che il nostro poeta preleva la maggior parte del proprio repertorio tematico che, rielaborato, rinnovato, rimodellato e contaminato con il linguaggio petrarchesco, viene disseminato in modo omogeneo in tutta la raccolta.
L'autore parte da Dante, dal Dante petroso, e recupera attraverso lui il dettato degli stilnovisti. Troviamo così echi dei testi di Guinizelli, Cavalcanti, Cino da Pistoia, Onesto Bolognese e altri, che sono poi gli autori sui quali si era concentrato l'interesse filologico di bardo, curatore della Giuntina di rime antiche. Il vasto patrimonio lirico duecentesco, depositato nella raccolta del 1527, viene così risillabato nelle rime del Segni, che porta nuovamente alla ribalta i fantasmi della donna petrosa e della donna selvaggia, pur non trascurando, soprattutto a livello lessicale e formale, l'insegnamento dei «Rerum vulgarium fragmenta».

Dall'«Introduzione».

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